Per gli svedesi l'assistenza alla prima infanzia non è solo dettata dalla Costituzione, è marcata nel Dna. Tanto che la Svezia apre asili nido anche oltreconfine. A Roma l'agenza Ifad (International fund for agricultural development) è guidata dallo svedese Lennart Bage e così, su iniziativa dell'Ambasciata di Svezia che ha coinvolto Ikea nell'allestimento, è stato aperto da pochi mesi un asilo nido che può ospitare diciotto bambini, dai tre mesi ai tre anni.
Questa è solo la punta dell'iceberg, specchio di una situazione rosea per le mamme che vogliono tornare al lavoro e sanno dove lasciare i loro figli.
Nel 2002, al summit di Barcellona, erano stati fissati gli stardard da raggiungere entro il 2010, cioè la copertura del 33% dei bambini da zero a tre anni. In base all'ultimo report della Commissione europea, solo cinque Stati membri hanno raggiunto questo tetto: Danimarca, Olanda, Belgio, Spagna e Svezia, mentre altri cinque (Portogallo, Gran Bretagna, Francia, Lussemburgo e Slovenia) stanno per arrivare alla soglia.
Le strutture svedesi sono finanziate per il 90% dalla Stato e offrono ai genitori la possibilità di pagare rette più basse nel caso in cui papà e mamma collaborino alla gestione dell'asilo, non nei panni degli insegnanti ma in amministrazione, nella pulizia e nella manutenzione degli edifici, nell'acquisto delle forniture.
Oggi, in Svezia, grazie a una politica iniziata negli anni Settanta e particolarmente attenta alle pari opportunità, il 71,8% delle donne (dati della Commissione europea) ha un impiego (la maggior parte nel settore privato). Questo accade anche in virtù delle molte agevolazioni di cui le mamme godono: le donne che dirigono compagnie private ottengono dallo Stato un rimborso per le spese della casa, il congedo di maternità è di 18 mesi ed è interamente pagato per il primo anno, senza dimenticare che anche il padre può rimanere a casa per due settimane percependo l'80% dello stipendio. (M.L.C.)